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Letto da noi

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UN AMORE

Edito da Arnoldo Mondadori nel 1963, “Un amore” è l’ultimo dei sei romanzi scritti da Buzzati ed ebbe subito un tale successo di pubblico che solo due anni dopo ne fu tratto il film omonimo, diretto da Gianni Vernuccio, con Rossano Brazzi e Agnès Spaak.

Il romanzo è ambientato nella Milano del boom economico e ha per protagonista Antonio Dorigo, un architetto di quarantanove anni, uomo intelligente e di buona estrazione sociale, la cui esistenza scorre vuota e monotona finché non incontra Laide, una minorenne che lavora nella casa di appuntamenti dove egli si reca spesso. “Un amore” è la storia del sentimento che Dorigo sviluppa per la giovane: un sentimento disperato, a senso unico, ossessionante, fatto di desiderio, gelosia e tormento, che lo porta a subire ogni tipo di umiliazione pur di continuare ad assicurarsi la presenza di Laide nella sua vita. Nella trama c’è anche un forte richiamo all’insuperabile distanza tra le classi sociali da cui provengono i due protagonisti. Difatti, Dorigo non riesce a superare le convenzioni sociali della borghesia cui appartiene e – per quanto egli sia un onesto e un ingenuo sognatore – si rivela troppo debole e codardo per tentare di emancipare Laide dal suo ruolo di ragazza squillo. 

Nonostante “Un amore” sia rimasto per molto tempo sottovalutato dalla critica e bollato superficialmente come “romanzo erotico”, esiste una forte analogia di fondo tra questo componimento e “Il deserto dei Tartari”. Entrambe le storie parlano di una frustrazione, di una sospensione, di un’attesa che viene delusa, e in entrambe Buzzati con la sua magistrale penna riesce a creare una narrazione realistica e psicologica in cui l’azione è ridotta al minimo a favore di una forte focalizzazione interna sul punto di vista del protagonista. In “Un amore”, l’incursione di ampi monologhi interiori trasporta il lettore nelle illusioni e paranoie di quest’uomo-bambino, seppure maturo, intrappolato in un ”amore-capriccio” per una ragazza molto più giovane che, costretta a crescere troppo in fretta, non è mai stata bambina.

 

Incipit:

Un mattino del febbraio 1960, a Milano, l’architetto Antonio Dorigo, di 49 anni, telefonò alla signora Ermelina.

“Sono Tonino, buongiorno sign…”

“È lei? Quanto tempo che non si fa vedere. Come sta?”

“Non c’è male, grazie. Sa in questi ultimi tempi un mucchio di lavoro e così… sente potrei venire questo pomeriggio?”

“Questo pomeriggio? Mi faccia pensare… a che ora?”

“Non so. Alle tre, tre e mezza”.

“Tre e mezza d’accordo”

“Ah senta, signora…”

“Dica, dica”.

“L’ultima volta, si ricorda?… insomma quella stoffa per essere sincero non mi finiva di piacere, vorrei…”

“Capisco. Purtroppo alle volte io stessa…”

“Qualcosa di più moderno, mi spiego?”

“Sì, sì. Ma guardi ha fatto bene a telefonarmi oggi, c’è un occasione… insomma, vedrà resterà soddisfatto”.

“Tessuto nero, preferibile”

“Nero, nero, lo so, come il carbone”

“Grazie, a più tardi allora”.

Mise giù la cornetta. Era solo nello studio. Anche Gaetano Maronni, il collega che occupava la stanza vicina, quel mattino era uscito.

Era una mattina qualsiasi di una giornata qualsiasi.

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DINO BUZZATI TRAVERSO (San Pellegrino di Belluno, 16 ottobre 1906 – Milano, 28 gennaio 1972)

Giornalista, scrittore, pittore, drammaturgo, scenografo, costumista, poeta, critico d’arte, Dino Buzzati è considerato una delle personalità più eclettiche del Novecento e, per le sue opere surreali e realistico-magiche, viene definito da molti il “Kafka italiano”.

Terzo di quattro fratelli, nasce il 16 ottobre 1906 a Belluno, in località San Pellegrino, nella villa dove la famiglia Buzzati Traverso era solita trascorrere le vacanze estive, ma abiterà quasi sempre a Milano. Si diploma al Liceo Parini, dove stringe un’amicizia che durerà per tutta la vita con Arturo Brambilla, con cui divide la passione per la scrittura, il disegno e la montagna, tre punti fermi della sua esistenza di uomo e di artista. La scomparsa del padre, quando lui ha solo 14 anni, lo scuote profondamente e la morte diventerà uno dei temi centrali della sua poetica. Conseguita la laurea in giurisprudenza, nel 1928 fa il suo ingresso al «Corriere della Sera» dove lavorerà fino alla morte (tranne una breve parentesi dopo la fine della seconda guerra mondiale), ricoprendo vari ruoli. Nel 1933 pubblica il suo primo romanzo “Bàrnabo delle montagne”, accolto favorevolmente dalla critica, cui seguirà due anni dopo “Il segreto del Bosco vecchio”. Prima della partenza, nell’aprile 1939, per Addis Abeba come inviato del «Corriere», consegna a Leo Longanesi il manoscritto de “Il deserto dei Tartari”, che sarà il suo romanzo più famoso e che è considerato il suo capolavoro. Richiamato alle armi dopo essere tornato in Italia, si imbarca sugli incrociatori Fiume e Trieste, che parteciperanno alle battaglie di Capo Teulada, Capo Matapan e della Sirte. Nel 1943 esce la raccolta di racconti “I sette messaggeri” e, su richiesta della direzione del «Corriere della Sera», rientra a Milano. Accanto al lavoro di giornalista che lo porterà a seguire da inviato i grandi fatti di cronaca che segneranno gli anni del dopoguerra, prosegue la sua attività di scrittore e dà avvio alla sua carriera artistica, con la realizzazione nel 1952 del suo primo quadro, che è anche quello più famoso, “Piazza del Duomo di Milano”. Dopo questa prima esperienza, l’amore per la pittura lo accompagnerà per tutta la vita e dipingerà numerosi quadri, alcuni dei quali vinceranno anche dei premi. Nel 1958 vince il Premio Strega con la raccolta “Sessanta racconti”. Negli anni seguenti Buzzati si dedica anche al teatro, scrivendo drammi, commedie, farse e monologhi, ma presto torna a dedicarsi alla letteratura e nel 1960 pubblica “Il grande ritratto”: un romanzo dalle tematiche innovative, centrate sul tema della femminilità, che viene ben accolto dai lettori. Nel 1963 esce “Un amore” che per il realismo della storia “viziosa” suscita discussioni e polemiche. Inizia un periodo di viaggi come inviato del «Corriere della Sera», prima in Giappone, poi a Gerusalemme e a Bombay, al seguito di Papa Paolo VI. A New York entra in contatto con gli artisti della Pop Art. Nel 1965 pubblica il suo primo libro di versi “Il capitano Pic e altre poesie” e l’anno successivo sposa la giovanissima Almerina Antoniazzi (lei ha 19 anni e lui quasi 54), conosciuta sei anni prima durante un servizio fotografico in cui lei posa per la «Domenica del Corriere», di cui Buzzati è direttore. Nel 1969 esce “Poema a fumetti”, rivisitazione del mito di Orfeo ed Euridice, che riceve il premio di “Paese Sera” come miglior fumetto. La raccolta di racconti “Le notti difficili” sarà l’ultima opera edita mentre lo scrittore è ancora in vita. Il 28 gennaio 1972 Dino Buzzati muore a Milano per un tumore al pancreas, come il padre. Nell'estate del 2010 le sue ceneri sono state disperse sulla Croda da Lago, nelle sue amate Dolomiti.

 

Sito ufficiale: http://dinobuzzati.it/

 

Ha detto di sé: “La pittura per me non è un hobby, ma il mestiere; hobby per me è scrivere. Ma dipingere e scrivere per me sono in fondo la stessa cosa. Che dipinga o che scriva, io perseguo il medesimo scopo, che è quello di raccontare delle storie”.

 

Romanzi:

  • Bàrnabo delle montagne, 1933

  • Il segreto del Bosco Vecchio, 1935

  • Il deserto dei Tartari, 1940

  • La famosa invasione degli orsi in Sicilia, 1945

  • Il grande ritratto, 1960

  • Un amore, Milano, 1963

Racconti e novelle:

  • I sette messaggeri, 1942

  • Paura alla Scala, 1949

  • In quel preciso momento, 1950 (2ª ed. accresciuta 1955)

  • Il crollo della Baliverna, 1954 (Premio Napoli)

  • Esperimento di magia. 18 racconti, 1958

  • Sessanta racconti, 1958 (premio Strega)

  • Egregio signore, Siamo spiacenti di..., 1960

  • Il colombre e altri cinquanta racconti, 1966

  • La boutique del mistero, 1968

  • Le notti difficili, 1971

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