Letto da noi
IL MEDICO DI CAMPAGNA (Le médecin de campagne)
Scritto nel 1833 e poi collocato tra le Scene della vita di campagna nella “Commedia umana” , il romanzo, uno tra i più politici di Balzac, offre all’autore il pretesto per ricostruire il piccolo universo di un villaggio rurale, ma soprattutto per raccontare un esperimento utopico di “buon governo”, frutto delle idee sociali di Balzac, che auspicava la politica come missione umanitaria e non bramosia di potere.
Monsieur Genassis, medico parigino deluso dalla grande città e dal proprio stile di vita sempre più dissoluto, decide di lasciarsi alle spalle il passato e di trasferirsi in un villaggio della Savoia nel quale si dedicherà esclusivamente al miglioramento delle condizioni di vita della comunità. Riuscito nella missione di convertire quella massa di contadini poveri e disperati in una cittadina prospera e felice, sarà ripagato della sua generosità dagli abitanti che lo eleggono sindaco. È qui che dieci anni dopo, guidato dalla fama del personaggio, viene a cercarlo un ex comandante dell'esercito napoleonico, Genestas, per affidare alle sue cure sé e il figlio adottivo malato. Nessuno dei due sa chi sia veramente l’altro, ma appare presto evidente che l’uomo di scienza e l’uomo d’armi siano fatti per intendersi. Il testo, praticamente privo di azione, ruota lungamente attorno alle loro conversazioni, nelle quali confidano ideali e momenti delle rispettive vite, incluso un segreto serbato da entrambi che verrà consegnato alla fine della storia.
Incipit;
In una bella mattina di primavera del 1829 un uomo sui cinquant'anni percorreva a cavallo il sentiero che porta a un grosso villaggio nei pressi della Grande-Chartreuse. Il villaggio è il capoluogo di un popoloso cantone chiuso dentro una lunga vallata. Un torrente sassoso, per lo più asciutto, ma allora gonfio per il disgelo, bagna la valle stretta tra montagne parallele sovrastate da ogni parte dai picchi della Savoia e del Delfinato. Benché il paesaggio compreso tra le catene delle due Moriane non abbia niente di particolare, il cantone che il forestiero stava attraversando presenta ondulazioni del terreno e giuochi di luce come forse nessun altro luogo. Ora la valle s'allarga all'improvviso in un tappeto irregolare di un verde che la costante irrigazione dei ruscelli scendenti dalle montagne mantiene in ogni stagione fresco e dolce allo sguardo, ora una segheria mostra le sue basse e caratteristiche costruzioni, le cataste di abeti scortecciati e il suo condotto d'acqua derivato dal torrente, con ampie gronde di legno profondamente incavate, dalle cui commessure sfugge una frangia di liquidi fili. Qua e là casupole circondate da orti con alberi da frutto in piena fioritura fanno pensare a una povertà operosa. Più avanti, case col tetto rosso di tegole piatte e rotonde simili a squame di pesce attestano un benessere venuto da lunghe fatiche. Sopra ogni porta sta appeso il cesto in cui asciugano i formaggi. Dappertutto orti e recinti sono rallegrati da piante di vite che si abbracciano, secondo l'usanza italiana, a giovani salici, le cui foglie vengono date al bestiame. Per un capriccio della natura, le balze sono in qualche punto così vicine, che non si trovano più né opifici né colture né abitazioni. Separate solo dal torrente che rugge in cascate, le due alte muraglie granitiche s'innalzano tappezzate dalle nere chiome degli abeti e da faggi giganteschi. Diritti, bizzarramente chiazzati di musco, tutti diversi nel fogliame, questi alberi formano magnifici colonnati chiusi, sopra e sotto la strada, da siepi di corbezzoli, di madreselva, di bosso, di rosa selvatica. In quel mattino le acute fragranze di quegli arbusti si confondevano ai profumi silvestri della montagna, all'odore penetrante dei recenti getti del larice, dei pioppi e dei pini resinosi. Qualche nuvoletta correva tra i picchi, ora velandone ora scoprendone le cime grigiastre, impalpabili talvolta come quelle nubi i cui morbidi fiocchi vi si sfilacciavano. A ogni istante l'aspetto del paesaggio e la luminosità del cielo cambiavano, cambiavano i colori delle montagne, le sfumature dei pendii e il profilo degli scoscendimenti: visioni sempre rinnovate, che qualcosa d'imprevisto - un raggio di sole attraverso i tronchi degli alberi, una radura naturale - faceva per contrasto risaltare deliziosamente nel profondo silenzio, nella stagione in cui tutto è giovane e il sole sfolgora nel cielo sereno. Era insomma un bellissimo paese, era la Francia!
HONORÉ DE BALZAC (Tours, 20 maggio 1799 – Parigi, 18 agosto 1850)
Scrittore, drammaturgo, critico letterario, saggista, giornalista, fra i maggiori della sua epoca, nonché il principale maestro del romanzo realista del XIX secolo, Honoré de Balzac con la sua opera influenzò autori come Gustave Flaubert ed Émile Zola, Marcel Proust e Thomas Mann, aprendo la strada a una seconda metà del ‘800 che conobbe una vivacità poetica straordinaria nell'ambito della letteratura francese.
Proveniente da una famiglia piccolo borghese, Balzac studiò in collegio, prima a Vendôme, poi a Tours e infine a Parigi, dove frequentò, spinto dal padre, la Facoltà di Giurisprudenza. Scoprì la sua vocazione letteraria a vent'anni, ma le sue prime prove artistiche non furono molto apprezzate dalla critica, tanto che si diede ad altre attività, con le quali non ebbe peraltro successo, anzi, si indebitò pesantemente. Nel 1822 comincia una relazione con la contessa Laure de Berny, di 22 anni più anziana, che gli rimase accanto affettivamente fino alla morte ed ebbe su di lui molta influenza, incoraggiandolo a continuare a scrivere. Nel 1829 Balzac pubblicò, utilizzando il suo vero nome, il suo primo romanzo, “Gli Sciuani”: la narrazione si svolge ai confini tra la Bretagna e la Normandia ed evoca l’insurrezione realista dei ribelli (Les Chouans di cui il titolo) contro l’esercito repubblicano del periodo post-rivoluzionario. A partire dal 1830, l'attività letteraria di Balzac divenne frenetica, tanto che in sedici anni scrisse circa novanta romanzi. I suoi primi successi di pubblico furono il romanzo filosofico “La pelle di zigrino” (1831) e “Papà Goriot” (1834). La sua “Comédie humaine” (la Commedia umana) è forse il più vasto ciclo narrativo mai tentato da uno scrittore: una raccolta monumentale, pubblicata tra il 1842 e il 1848 in 16 volumi, di 95 romanzi e una serie di racconti più brevi (novelle, saggi realistici, fantastici o filosofici) oltre a 25 studi analitici, che avevano l'obiettivo di arrivare a una rappresentazione completa, orizzontale e verticale, della società francese tra il primo Impero e l’età di Luigi Filippo.
Le abitudini di lavoro di Balzac sono leggendarie. Pare fosse solito mangiare un pasto leggero intorno alle cinque del pomeriggio, dormire fino a mezzanotte per poi svegliarsi e scrivere tutta notte, spesso per 15 ore o più di seguito, alimentato da innumerevoli tazze di caffè nero; ha affermato di aver lavorato una volta per 48 ore con solo 3 ore di riposo nell'intermezzo. Riusciva anche a scrivere molto rapidamente: alcuni dei suoi romanzi, scritti con una piuma, furono realizzati con un ritmo pari a trenta parole al minuto su una macchina da scrivere moderna.
Viaggiò molto all'estero: in Ucraina, Polonia, Germania, Russia, Prussia austriaca, Svizzera e Italia (che appare spesso nei "racconti filosofici"), ma anche ampiamente nella provincia francese e nei dintorni di Parigi, puntualmente ripresi nella sua enorme mole di scritti. Accanito frequentatore di salotti, amante appassionato di diverse nobildonne che soddisfacevano il suo snobismo e il bisogno di partecipare alla vita aristocratica, sempre perseguitato dai creditori per le troppe speculazioni sbagliate, Balzac riuscì a realizzare solo per poco tempo il sogno di ricchezza e ascesa sociale grazie al rapporto con la contessa polacca Évelyne Hańska (che pare ebbe un ruolo importante nella stesura di “Eugenia Grandet”). I due si sposarono nel 1850, cinque mesi prima della morte dello scrittore, all'età di 51 anni per la complicazione di una peritonite. I funerali si svolsero al Père-Lachaise di Parigi, dov’è tuttora sepolto, con discorso commemorativo di Victor Hugo, che qualche anno prima aveva inutilmente caldeggiato la sua candidatura all'Académie de France.
Curiosità: nel 1976, l'Unione Astronomica Internazionale ha battezzato con il nome Balzac, in onore dello scrittore francese, un cratere del diametro di 67 km. sulla superficie del pianeta Mercurio.
Opere principali:
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Gli Sciuani (1829)
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La fisiologia del matrimonio (1830)
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La pelle di zigrino (1831)
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Luigi Lambert (1832)
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Eugenia Grandet (1833)
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Il medico di campagna (1833)
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La ricerca dell'assoluto (1834)
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Papà Goriot (1834)
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Il giglio della valle (1836)
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Il curato del villaggio (1839)
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Le illusioni perdute (1843)
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La cugina Betta (1846)
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Il cugino Pons (1847)
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I contadini (incompiuto, portato a termine dalla vedova, 1855)