top of page

Letto da noi

Ancora 1
Ilcastello-Kafka.jpg

IL CASTELLO (DAS SCHLOß)

Scritto intorno al 1922 e rimasto incompiuto, “Il castello” è l'ultimo dei tre romanzi dello scrittore praghese e viene pubblicato postumo nel 1926. Oscuro e surreale, è centrato sui temi della burocrazia, della legge come ordine globale e quindi dell'alienazione e della frustrazione continua dell'uomo che tenta di integrarsi in un sistema che, mentre lo invita, contemporaneamente lo allontana, emarginandolo.

Protagonista del romanzo è l'agrimensore K., un uomo di cui non si conosce nulla, che giunge nel villaggio dominato dal Castello del conte Westwest, dove è stato chiamato per svolgere la propria professione. Il romanzo è la storia dei tentativi di K. di spezzare il mistero della sua chiamata e di integrarsi nel villaggio, sforzi resi vani dai continui fallimenti dovuti all’ostilità degli abitanti e soprattutto alla lentezza dell’apparato burocratico del Castello, che si rivela inavvicinabile, abitato da funzionari di vario tipo, specie di “mezze divinità”, che non contrastano K. ma nemmeno lo aiutano, lasciandolo sfinirsi nella speranza di un incontro risolutore.

Il romanzo ha dato vita, nel corso del Novecento, a numerose interpretazioni di tipo sociologico, psicoanalitico, filosofico e perfino religioso, a partire da quella dell'amico Max Brod (cui si deve la pubblicazione postuma), il quale vi aggiunse una postfazione nella quale avanzava un'interpretazione teologica dell'opera.

 

Incipit:

Era tarda sera, quando K. arrivò. Il villaggio era immerso in una spessa coltre di neve. Non si riusciva a vedere la collina, nebbia e oscurità la circondavano, neanche il più debole bagliore di luce indicava il grande Castello. K. rimase a lungo sul ponte di legno che dalla strada maestra conduceva al villaggio, e guardò su, nel vuoto apparente.

Poi andò a cercare un alloggio per la notte; alla locanda erano ancora svegli, l'oste non aveva stanze libere ma, assai stupito e sconcertato da quel cliente tardivo, offrì di farlo dormire nella sala su un pagliericcio. K. fu d'accordo. Alcuni contadini sedevano ancora davanti alla loro birra, ma egli non volle parlare con nessuno, andò a prendersi da solo il pagliericcio in solaio e si coricò vicino alla stufa. Faceva caldo, i contadini erano silenziosi, egli li osservò ancora un poco con gli occhi stanchi, poi si addormentò.

Ma non passò molto che fu svegliato. Un giovane in abito cittadino con un viso da attore, occhi sottili, sopracciglia folte, stava accanto a lui insieme all'oste. I contadini erano ancora lì, alcuni avevano girato la sedia per vedere e udire meglio. Il giovane si scusò molto gentilmente di aver svegliato K., si presentò come figlio del custode del castello, poi disse: «Questo paese appartiene al castello, chi vi abita o pernotta in certo modo abita e pernotta nel castello. Nessuno può farlo senza il permesso del conte. Ma lei questo permesso non ce l'ha, o almeno non l'ha esibito».

KAFKA.jpg

FRANZ KAFKA (Praga, 3 luglio 1883 – Kierling, 3 giugno 1924)

Nato nel 1883 a Praga (allora capitale del Regno di Boemia, parte dell'impero austro-ungarico) da una famiglia di origini ebraiche, Franz Kafka è ritenuto una delle maggiori figure della letteratura del XX secolo e importante esponente del modernismo e del realismo magico. L’elemento magico che si ritrova leggendo Kafka deriva da una commistione di elementi grotteschi e surreali, la materializzazione in termini quasi psicanalitici ed esistenzialisti di un incubo. L’opera di Franz Kafka ha avuto un’influenza talmente profonda nella letteratura europea e mondiale da meritarsi un neologismo, l’aggettivo “kafkiano”, diventato ormai di uso comune per definire con una sola parola una situazione esistenziale angosciosa, grottesca, onirica.

La storia famigliare di Kafka è particolarmente importante per comprendere la sua carriera letteraria. Il maggiore di sei figli, da ragazzo è sottomesso all’autorità del padre anaffettivo che lo costringe a seguire una carriera lontana dalla pratica umanistica. Si iscrive difatti a giurisprudenza e si adegua a fare l’assicuratore, un lavoro integrato nella società come auspicava il padre. Ciò nonostante Kafka partecipa alla vita letteraria di Praga che era, ai tempi,  particolarmente viva grazie alla presenza della cultura ebraica e stringe amicizia con Franz Werfel e Max Brod. Dei risvolti psicologici dell’infanzia e dell’adolescenza di Kafka si trova eco in particolare nella sofferta “Lettera al padre” del 1919, ma anche in tutte le altre sue opere, nelle quali si avverte l’urgenza espressiva di un uomo irrisolto, eternamente soggiogato da un padre che non ha mai smesso di incutergli timore, e incapace di raggiungere una stabilità emotiva anche nei rapporti sentimentali, come testimoniano il fidanzamento con Felice Bauer, interrotto, ripreso, poi definitivamente sciolto, e la relazione con Dora Dymant, con cui convisse dal 1923. Nei suoi testi due elementi vengono riproposti e si intrecciano fino a stringere il protagonista in gangli da cui è impossibile fuggire, se non con la morte. Il primo è la famiglia, non sinonimo di pace e affetti, ma luogo del confronto frustrato, dell’inadeguatezza, della colpa. L’altro è il dedalo burocratico in cui l’uomo moderno si trova disperso: una “tirannia senza tiranno”, un sistema che ha il solo scopo di perpetuare se stesso, di cui gli uomini, anche quelli che si trovano ai livelli più alti, sono gli ingranaggi. I dilemmi dei personaggi di Kafka sono in primis i drammi personali dello scrittore, la materializzazione della sua lotta con la vita e con l’Altro, ma sono anche i drammi dell’umanità, europea e novecentesca, prigioniera di padri che hanno trucidato i loro figli sulle trincee della Prima Guerra Mondiale.

Kafka, a differenza degli altri autori, non avverte la pubblicazione come una necessità e in vita dà alle stampe solo poche opere: le raccolte di racconti “Contemplazione” e “Un medico di campagna” e qualche opera singola, tra cui la più celebre “La metamorfosi”, in riviste letterarie. Preparò l'edizione di), pubblicata solo dopo la sua morte. Le opere di Kafka rimaste incompiute, tra cui la raccolta di racconti ”Un digiunatore” e i suoi romanzi “Il processo”, “Il castello” e “America” (noto anche come “Il disperso”), vengono pubblicate postume, in gran parte dal suo amico e curatore Max Brod, che non asseconda il desiderio dell’autore, il quale voleva che i suoi manoscritti venissero distrutti.

Muore nel giugno del 1924 per fame, a causa del peggioramento della tubercolosi alla faringe di cui soffriva rendendogli l'alimentazione troppo dolorosa. Sul letto di morte, Kafka stava modificando il racconto “Un digiunatore” (letteralmente "Un artista della fame"). Il suo corpo è sepolto nel nuovo cimitero ebraico di Praga a Žižkov: una lapide alla base della stele funeraria commemora le tre sorelle dello scrittore, morte nei lager nazisti fra il 1942 e il 1943.

bottom of page