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DOPPIO SOGNO (TRAUMNOVELLE)

“Doppio sogno” fu scritto da Arthur Schnitzler negli anni di incredibile fermento successivi alle innovative scoperte di Sigmund Freud intorno alla natura tripartita e conflittuale della psiche umana e alla funzione del sogno come rivelatore delle pulsioni dell’inconscio. Il rapporto tra l’opera dell’autore viennese e le teorie sulla psiche di Freud è immediatamente esibito dalla scelta del titolo, in lingua originale “Traumnovelle”, che sembra consapevolmente fare l’occhiolino alla “Traumdeutung”, l’interpretazione dei sogni freudiana.

La novella mette in scena la crisi del rapporto tra Fridolin e Albertine, una coppia dall'apparente tranquilla esistenza borghese. Lui è un giovane medico che dietro il portamento freddo e determinato consono alla sua professione cela un’indole e una personalità fragili, mentre dietro la figura rassicurante di moglie e di madre della bella Albertine, si agita un’anima contrastante con la morale dell’epoca. Il racconto si snoda nel tempo cronologico di due giorni: siamo a Vienna, negli anni ’20. L’idilliaco quadro familiare iniziale che ritrae la coppia in perfetta armonia nella camera della figlia dormiente, è immediatamente turbato dall'irruzione del ricordo della sera precedente: durante il ballo del veglione di Carnevale i due coniugi, lontani l’uno dall'altra, hanno incontrato misteriose figure mascherate che hanno risvegliato in loro ambigue emozioni e una forte attrazione verso il proibito. Il giorno successivo, i due si confessano reciprocamente fantasie amorose del passato che pur trattando di tradimenti solo sfiorati accentuano la gelosia scaturita tra loro dalla notte prima. Marito e moglie intraprendono un percorso vorticoso nel quale sonno e veglia si sfiorano, si confondono, e che, sotto la spinta trasgressiva, li porta a sperimentare nell'arco di una sola notte il distacco, l’incomunicabilità, l’estraneazione dall'altro e la perdita della propria integrità. Mentre il giovane medico si lascia sedurre a occhi aperti dalle peripezie surreali della notte viennese in cui enigmatiche figure femminili tentano la sua fedeltà, Albertine manifesta nella dimensione del sogno, senza freni e senza pudore, i propri desideri repressi e nascosti.

Con una scrittura raffinata, in grado di condensare in pochi tratti un’atmosfera, Schnitzler - facendo immedesimare il lettore ora nell'uno ora nell'altro membro della coppia e costringendolo in qualche modo a guardarsi dentro, a interrogarsi sul confine tra realtà e fantasia e sulla fragilità della condizione umana - mette a nudo le pieghe più nascoste dell’io, smaschera le contraddizioni dell’apparenza, dimostra l’impossibilità di conoscere realmente l’altro. Schnitzler sembra inoltre voler dimostrare che il sogno sia più insidioso della vita reale poiché in esso l’io si esprime appieno, libero dalle censure della coscienza.

 

Trasposizione cinematografica: “Doppio sogno” di Schnitzler è stato riportato all'attenzione del grande pubblico nel 1999 da “Eyes Wide Shut”, film postumo di Stanley Kubrick, trasportato nella Manhattan degli anni ‘90 dallo sceneggiatore Frederic Raphael e interpretato da Tom Crouise e Nicole Kidman, allora coppia anche nella realtà. I due, che al tempo erano al vertice della loro carriera, pur di lavorare col leggendario regista accettarono di firmare un contratto a tempo illimitato che poteva essere sciolto solo da Kubrick, che li tenne “reclusi” per i 15 mesi di riprese. Per fare in modo che i protagonisti impersonassero meglio i propri ruoli ed esasperassero la sfiducia reciproca, Kubrick fece loro girare le  scene separatamente, proibendo a entrambi di scambiarsi informazioni. In particolare, per la scena di appena un minuto in cui Nicole Kidman sogna di tradire il marito facendo l'amore con un ufficiale della Marina, Kubrick impose all'attrice sei giorni di scene di sesso e oltre 50 pose erotiche, senza concedere a Cruise di stare sul set e a Kidman di raccontargli cosa accadeva durante le riprese. "Eyes Wide Shut" è entrato nel Guinness dei Primati per le riprese continue più lunghe della storia del cinema.

 

Incipit:

«Ventiquattro schiavi mori conducevano remando la sontuosa galera, che doveva portare il principe Amgiad al palazzo del califfo. Il principe però, avvolto nel suo mantello porporino, se ne stava sdraiato da solo in coperta sotto il cielo notturno, blu scuro e disseminato di stelle, e il suo sguardo…»

Fino a questo punto la piccola aveva letto ad alta voce; ora, quasi d’improvviso, le si chiusero gli occhi. I genitori si guardarono sorridendo, Fridolin si chinò su di lei, la baciò sui capelli biondi e chiuse il libro, appoggiato sul tavolo non ancora sparecchiato. La bambina alzò lo sguardo come sorpresa.

«Sono le nove,» disse il padre «è ora di andare a dormire». E poiché ora anche Albertine si era chinata sulla bambina, le mani dei genitori si incontrarono sull’amata fronte, e accompagnati da un tenero sorriso, che adesso non era più soltanto per la bambina, si incontrarono anche i loro sguardi. Entrò la governante ed esortò la piccola a dare la buona notte ai genitori; lei si alzò obbediente, diede un bacio al padre e alla madre e lasciò che la governante la portasse fuori dalla stanza. Ma Fridolin e Albertine, rimasti ora soli sotto la luce rossastra della lampada a sospensione, ebbero d’un tratto fretta di riprendere la loro conversazione, iniziata prima di cena, sul ballo in maschera del giorno precedente.

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ARTHUR SCHNITZLER (Vienna, 15 maggio 1862 – Vienna, 21 ottobre 1931)

Arthur Schnitzler è stato un drammaturgo, novelliere, romanziere e diarista austriaco.

Nasce a Vienna nel 1862 in una famiglia della buona borghesia ebraica che in quel periodo domina la vita viennese e austriaca. Il padre Johann, un laringoiatra molto noto e apprezzato in città, nonché professore universitario, spinge il figlio verso lo studio della medicina. Studi che il giovane Arthur conduce fino alla laurea, conseguita nel maggio del 1885, e all'incarico di medico assistente presso il Policlinico di Vienna a partire dal settembre dello stesso anno. La madre, un'appassionata pianista, ne cura invece la sensibilità artistica.

L’inclinazione letteraria di Schnitzler emerge già durante gli studi universitari: dall'età di diciassette anni tiene un diario in cui descrive le sue numerose esperienze sessuali trasferendo poi questa ossessione autobiografica nei suoi personaggi. La sua prima opera è del 1888: l'atto unico “L'avventura della sua vita”. Il successo arriva con la pubblicazione della novella "Morire" (1894) e la rappresentazione della commedia "Amoretto" avvenuta per la prima volta il 9 ottobre 1895 al Burgtheater. Nel 1900 pubblica “Il sottotenente Gustl” che provoca la sua radiazione da tenente medico dell'esercito, a seguito della impietosa rappresentazione della vita militare fatta nel romanzo.

Nel mondo del teatro Schnitzler incontra Olga Gussmann, giovane cantante e attrice (più giovane di lui di vent'anni), che sposa e con la quale ha due figli: Heinrich, nato nel 1902, che diventerà regista e farà riscoprire dopo la Seconda Guerra Mondiale la grandezza delle opere del padre, e Lili, nata nel 1909. Nel 1903 va in scena a Monaco di Baviera “Girotondo”, che causa scandalo per il presunto cinismo con cui vengono rappresentati i rapporti tra cinque uomini e altrettante donne. Il testo teatrale viene pubblicato dopo pochi mesi dalla rappresentazione, riportando un successo di vendite strepitoso. “Girotondo” è tuttora un lavoro molto rappresentato.

Il periodo che va fino al 1918 è molto produttivo: vengono pubblicate diverse sue novelle e le sue opere teatrali rappresentate. Nel 1905 debutta “Intermezzo” con cui otterrà il Premio Grillparzer per la commedia. Nel 1908 vede la luce "Verso la libertà", il primo dei due unici romanzi di Schnitzler e la sua opera più conforme al modello europeo del grande “affresco sociale”. In esso Schnitzler fa il quadro più completo mai tentato della società ebraica viennese al tempo della Belle Époque, introducendo la tematica che approfondirà poi nel dramma “Il professore Bernhardi” (1912), nel quale denuncia le devastazioni dell'antisemitismo nell'ambiente medico. Non si poteva più essere ebrei senza subire una più o meno grave crisi d'identità, suggerisce Schnitzler, tanto l'antisemitismo era diffuso e tanto le strategie di reinvenzione del  giudaismo erano diverse (alcuni personaggi si dichiarano de-giudeizzati, mentre altri sono ardenti sionisti e altri ancora militanti socialisti o tormentati “dall'odio di sé ebraico”). Dopo aver pubblicato, nel 1917, “Il dottor Gräsler medico termale”, lo scrittore trascorre gli ultimi mesi della Grande Guerra a fuggire il tempo presente per rifugiarsi nel XVIII secolo di Casanova. Schnitzler era talmente attratto dalla vita dell'avventuriero veneziano da farne il protagonista di due opere a contrasto, che pur essendo di pura invenzione riuscivano a rendere con precisione introspettiva il carattere della storica figura degli anni ruggenti: la commedia “Le sorelle, o Casanova a Spa” (1919), che mette in scena il grande seduttore al centro di un dolceamaro intrigo mozartiano e il  racconto “Il ritorno di Casanova” (1918). Nel 1924 pubblica “La signorina Else”. Tra il 1925 e il 1926 esce, pubblicato su una rivista, “Doppio sogno”, racconto nel quale Schnitzler, giocando sul passaggio dalla quotidianità borghese a un mondo segreto, forse fantastico, dove si compie la trasgressione, porta il lettore e gli stessi personaggi a non distinguere i confini dell’azione e dell’intenzione e a chiedersi dove finisca la realtà e inizi il sogno.

Il 26 luglio del 1928 la figlia Lili si suicida a Venezia, dove abita con il suo marito italiano. È un atto inspiegabile e per il padre un durissimo colpo dal quale non si riprenderà più. Schnitzler commenta nel suo diario: "Quel giorno di luglio la mia vita si è conclusa. Gli altri non lo sanno e talvolta non lo so neanche io". Aveva iniziato a scrivere la sceneggiatura di un film per la casa di produzione americana Metro Goldwyn Mayer, quando una emorragia cerebrale lo colpisce: Arthur Schnitzler muore a Vienna il 21 ottobre 1931. Oggi riposa nell'ala ebraica del Cimitero Centrale della capitale austriaca.

L'opera narrativa ed il teatro di Schnitzler, sempre apprezzati da un ampio pubblico e diffusi in traduzione in tutto il mondo, esprimono con una forza eccezionale lo spirito austriaco della Belle Époque e costituiscono uno dei contributi più importanti della letteratura austriaca. Tutta la sua opera è tesa all'osservazione lucida dei costumi sociali e delle più intime movenze psicologiche, che analizza non senza pessimismo leggendovi la degradazione dei valori individuali e culturali del suo tempo: la crisi del soggetto, che egli pone al centro della sua narrativa e delle sue pièces teatrali, incontrò in molti punti il pensiero del padre della psicoanalisi, Sigmund Freud, il quale, difatti, rese omaggio allo scrittore riconoscendo in lui il suo "doppio" (Doppelgänger). I due si frequentarono poco ma rimangono varie lettere che si scambiarono. In una di queste, datata 14 maggio 1922, in occasione del sessantesimo compleanno di Schnitzler, Freud gli scrisse: «Sempre, allorché mi sono abbandonato alle Sue belle creazioni, ho creduto di trovare dietro la loro parvenza poetica gli stessi presupposti, interessi e risultati che conoscevo come miei propri. Il Suo determinismo come il Suo scetticismo – che la gente chiama pessimismo –, la Sua penetrazione nelle verità dell'inconscio, nella natura istintiva dell'uomo, la Sua demolizione delle certezze convenzionali della civiltà, l'adesione dei Suoi pensieri alla polarità di amore e morte, tutto ciò mi ha commosso come qualcosa di incredibilmente familiare.» Dal canto suo, Schnitzler fu uno dei primi trecentocinquanta lettori de “L'interpretazione dei sogni”. Un altro punto di convergenza tra la scrittura di Schnitzler e la psicoanalisi freudiana  è il “monologo interiore”, un artificio narrativo che mette a punto ispirandosi alla tecnica terapeutica delle “associazioni libere” cui l’analista sottopone il paziente. Ma nelle tecniche narrative Schnitzler fu brillante e poliedrico, adottandole tutte, quelle collaudate e quelle sperimentali, a seconda del soggetto che aveva davanti: la narrazione onnisciente, il discorso indiretto libero, il monologo interiore e anche l’io narrante.

 

Una frase scritta nel suo diario: «Non si vive veramente che una cosa sola: l’invecchiamento. Tutto il resto sono avventure».

Opere

  • L'avventura della sua vita  (1888)

  • Anatol, ciclo di atti unici (1893)

  • Morire (1895)

  • Amoretto, lavoro teatrale (1895)

  • L'eredità (1898) [rappresentato in Italia col titolo Scandalo, nel 2015]

  • Al pappagallo verde (1899)

  • Il sottotenente Gustl (1900)

  • Girotondo (1900)

  • Die grüne Krawatte (1901)

  • Intermezzo (1905)

  • Verso la libertà [primo dei due unici romanzi di Schnitzler] (1908)

  • La contessina Mitzi  (1909)

  • Commedia delle parole (1909–1914)

  • Il velo di Pierrette (1910)

  • Terra Sconosciuta (1911)

  • Professor Bernhardi (1912)

  • Fuga nelle tenebre (1931)

  • Beate e suo figlio (1913)

  • Il dottor Gräsler, medico termale (1917)

  • Il ritorno di Casanova (1918)

  • Le sorelle ovvero Casanova a Spa (1919)

  • La signorina Else (1924)

  • Doppio sogno (1926)

  • Gioco all'alba (1927)

  • Therese [secondo dei due unici romanzi di Schnitzler] (1928)

Opere pubblicate postume

  • Giovinezza a Vienna [autobiografia dal 1862 al 1889 pubblicata postuma a cura di Therese Nickl e Heinrich Schnitzler]

  • La piccola commedia (prima pubblicazione Vienna 1932)

  • Novella dell'avventuriero (prima pubblicazione Vienna 1937)

  • Sulla guerra e sulla pace (1939)

  • Diari [pubblicati in dieci volumi dall'Accademia austriaca delle scienze 1981-2000]

  • Lettere [pubblicate in due volumi dalla casa editrice S. Fischer 1981-1984]

  • La danzatrice greca (2013)

  • Fama tardiva (2014)

  • Fink e Fliederbusch (2016)

  • I morti tacciono (2018)

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