Letto da noi
IL PRETE BELLO
Pubblicato nel 1954 dalla Garzanti, “Il prete bello” è stato uno dei primi bestseller italiani del dopoguerra: le prime cinque ristampe andarono esaurite al ritmo di una al mese e presso le più importanti case editrici estere uscirono le versioni nelle maggiori lingue occidentali, seguite nel decennio successivo da decine di traduzioni ulteriori.
Il clamoroso successo che riscosse alla sua uscita si deve in parte alle reazioni sdegnate di cattolici e conservatori verso la storia ritenuta offensiva per l'abito talare del protagonista, ma forse ancor più al fatto che Parise, a soli 21 anni, riesce nell’impresa di trasformare il romanzo in letteratura popolare. “Il prete bello", infatti, è un’avventura corale che parla di ed è rivolto al popolo, tarato per raccontare con la leggerezza del punto di vista di un ragazzino la storia di chi è sopravvissuto alla Grande Guerra e si ritrova a barcamenarsi sotto il neonato regime fascista.
Ambientato quasi interamente all’interno di un labirintico caseggiato di paese nel vicentino, il romanzo ha per voce narrante quella di Sergio, un ragazzo di nove anni, nella cui storia familiare non mancano rimandi autobiografici a quella dell’autore. Goffredo Parise ritrae la parabola esistenziale non solo di Sergio, ma anche del suo amico e capobanda Cena e dei coinquilini del loro cortile, le cui vicende, dal sapore picaresco, vengono narrate in maniera grottesca, al contempo divertente e tragica, con Don Gastone, il prete bello, a fare più da trait d’union fra tutti i personaggi, piuttosto che da vero protagonista.
Ne esce il ritratto dolce-amaro, canzonatorio eppure indulgente, di un periodo storico, di un territorio e di una società alle prese con il rito della sopravvivenza quotidiana. La vitalità e l’accuratezza del linguaggio e delle descrizioni (spesso sensoriali) adoperate dall’autore illuminano come un raggio di sole il profilo delle miserie umane e culturali dei personaggi del romanzo, ad ognuno dei quali Parise riserva il proprio ruolo da protagonista, ben definito e necessario al fluire genuino e dinamico degli eventi. Anche il microcosmo del cortile in cui tutto si svolge viene messo sotto la lente d’ingrandimento dallo scrittore, che ne dettaglia ogni elemento architettonico e anfratto, mettendoli al servizio della narrazione e ottenendo il coinvolgimento immersivo del lettore.
Trasposizioni cinematografiche: Nel 1989, Mazzacurati adatta per il cinema il romanzo di Parise e ne dirige l’omonimo film.
Incipit:
“Il nonno aveva un cancro alla prostata e la custodia biciclette non andava avanti; ribassò i prezzi sul cartello, da 30 centesimi a 25, ma andò male lo stesso, i clienti erano pochi e i giorni buoni solo quelli del mercato. Io lo aiutavo a mettere le biciclette in fila quando arrivavano e davo ai signori il dischetto di cartone col numero.
La custodia biciclette era sotto un grande portico e dentro il portico, a destra, c’era una specie di garage che un tempo serviva per le carrozze dei padroni del palazzo, e in questo garage, quando glielo permettevano i dolori, il nonno lavorava. Costruiva biciclette e le montava con pezzi che lui stesso forgiava e saldava e infine, a lavoro ultimato, applicava al telaio una decalcomania con una rondine e una marca tedesca di cui era il solo rappresentante per l’Italia.”
GOFFREDO PARISE (Vicenza, 8 dicembre 1929 – Treviso, 31 agosto 1986)
Scrittore, giornalista, sceneggiatore e poeta italiano, Goffredo Parise nasce a Vicenza nel 1929. Trascorre la sua infanzia con la mamma e il nonno, titolare di una rimessa di biciclette fallita proprio nell’anno in cui nasce. E’ un bambino solitario, perché la sua condizione di figlio cd. “illegittimo” spinge la madre (abbandonata dal compagno prima della sua nascita) a tenerlo segregato in casa, nel tentativo di tutelarlo dalle male lingue. La serenità arriva nel 1937, quando la madre sposa Osvaldo Parise, allora direttore del «Giornale di Vicenza», che di lì a qualche anno lo riconosce come figlio. Dopo aver partecipato, appena quindicenne, alla resistenza, finita la guerra consegue la maturità classica ma non porterà mai a termine gli studi universitari. Grazie al padre adottivo si inserisce come apprendista in alcuni quotidiani locali scoprendo la passione per la scrittura. Nel 1950 si trasferisce a Venezia e qui, nel 1951, l’amico Neri Pozza pubblica il suo primo romanzo, “Il ragazzo morto e le comete”, stroncato da critica e pubblico, cui segue, nel 1953, “La grande vacanza”, che invece riceve una lusinghiera recensione di Eugenio Montale e verrà definito da Carlo Bo «autentica poesia». Trasferitosi a Milano, incoraggiato da Leo Longanesi continua a scrivere: escono “Il prete bello” (1954), “Il Fidanzamento” (1956), “Amore e Fervore” (1959). Con “Il prete bello” acquisisce grande notorietà non solo in Italia, dove il romanzo rimane uno dei più venduti del dopoguerra, ma anche all'estero, grazie a decine di traduzioni. Il successo gli apre le porte del giornalismo affermato. Inviato speciale per il «Corriere della Sera», fa emergere la sua bravura anche come reporter di viaggio. Anticonformista e contrario alle ideologie, Parise racconta in modo vivace, partecipato, imparziale, mai banale, i decenni centrali del Novecento, gli anni di pace e di guerra, il cosiddetto miracolo italiano, il consumismo degli Stati Uniti, le dittature dell’Unione Sovietica, della Cina e del Cile, i conflitti in Vietnam e Laos, la tragedia del Biafra, la frigidità del Giappone e numerose altre situazioni di cui è testimone. Negli anni sessanta, Parise decide di lasciare Milano per Roma, dove frequenta intellettuali, scrittori, registi e pittori. Alcuni diventano per lui dei punti di riferimento: con Gadda, Moravia, Elsa Morante, La Capria stringe un’amicizia che durerà tutta la vita. A Roma, all'attività di scrittore e giornalista affianca anche quella di sceneggiatore, collaborando tra gli altri con Mauro Bolognini, Marco Ferreri, Federico Fellini, Tonino Cervi. Nel 1965 esce il romanzo “Il padrone” che gli vale il Premio Viareggio: una caustica satira dell'industria culturale e una denuncia dell'alienazione neocapitalistica. La vita nomade che conduce gli rende difficile intraprendere relazioni stabili. Infatti, dopo il fallimento del matrimonio con Maria Costanza Speroni, durato solo sei anni, dal 1957 al 1963, Goffredo intraprenderà solamente un’altro flirt importante, con la pittrice Giosetta Fioroni, con la quale manterrà, anche dopo la fine della relazione amorosa, un profondo legame. Nonostante Roma gli abbia consentito di fuggire dal grigiore milanese, di nuovo la frenesia della grande città torna a dargli noia, a soffocarlo. La mancanza dell’intimità e della semplicità della sua amata provincia veneta, lo porta a trasferirsi stabilmente dal 1970 in una casa nel bosco di Salgareda, nel trevigiano. In questa aura di ritorno alle origini e di sereno raccoglimento scrive i “Sillabari”, racconti brevi dedicati a sentimenti umani "essenziali" che, disposti in ordine alfabetico, compongono una sorta di dizionario. La prima serie di racconti, da "amore" a "famiglia", esce sul «Corriere della Sera» fra il 1971 e il 1972, mentre il “Sillabario n. 2” (che si fermerà alla lettera “s”), esce nel 1982 e si aggiudica Premio Strega e Premio Selezione Campiello. La malattia, un’arteriopatia diffusa, inizia a manifestarsi dal 1972. Nel 1980, ristabilitosi dopo un infarto, si arrischia in due ultimi viaggi importanti in Giappone e a Parigi, ma nel 1984, con quattro bypass coronarici e ormai costretto alla dialisi, è costretto a lasciare il suo eden di Salgareda per trasferirsi a Ponte di Piave, dove trascorre gli ultimi anni di vita in compagnia di quei pochi e sinceri amici che hanno costituito per lui la famiglia che non ha mai avuto. Nasce dall’esperienza di questo dolore, fisico ed emotivo, il romanzo “L’odore del sangue”, talmente privato da spingere Parise a chiuderlo in un cassetto (uscirà postumo, nel 1997). Il 31 agosto 1986 Goffredo Parise si spegne a soli 56 anni, dopo aver ricevuto nel febbraio dello stesso anno la laurea ad honorem da quell’Università di Padova che aveva abbandonato in gioventù. Lo scrittore lascia la sua casa di Ponte di Piave all'Amministrazione Comunale, a condizione di poter essere sepolto nel giardino e che diventi un Centro di Cultura a lui intitolato. Al piano terra, la sua abitazione, conservata integra cosi come da lui lasciata, diventa la Casa Museo Goffredo Parise (https://www.culturaveneto.it/it/luoghi/lista-musei/5f456dc2b282ae8154755a48), dove si può, attraverso una visita guidata, approfondire la conoscenza biografica dell'autore. La casa conserva inoltre una ricca collezione d'arte contemporanea legata alla frequentazione di Parise con gli artisti della scuola di Piazza del Popolo di Roma, e l'Archivio Parise, raccolta di autografi, carteggi, articoli di e su Parise, punto di riferimento per gli studiosi della sua opera.
Sito web: https://www.goffredoparise.it/
Le opere:
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Il ragazzo morto e le comete
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La grande vacanza
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Il prete bello
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Il fidanzamento
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Amore e fervore
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Il padrone
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Cara Cina
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Gli americani a Vicenza
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L’Assoluto Naturale
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Due o tre cose sul Vietnam
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Biafra
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Il crematorio di Vienna
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Sillabario n. I
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Guerre politiche. Vietnam, Biafra Laos, Cile
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New York
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Sillabario n. 2
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L’eleganza è frigida
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Artisti
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Arsenico
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Veneto Barbaro di Muschi e Nebbie
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Odore d’America
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Tapestry: psiche, metapsiche e guerre stellari
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L’odore del sangue, a cura di Cesare Garboli e Giacomo Magrini
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Borghesia e altre voci escluse dai Sillabari, a cura di Silvio Perrella
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Poesie, a cura di Silvio Perrella
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Verba Volant. Profezie civili di un anticonformista, a cura di Silvio Perrella
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Capri, con disegni di Giosetta Fioroni
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Lontano, a cura di Silvio Perrella
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Corrispondenze venete, a cura di Silvio Perrella
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I movimenti remoti